Il Dolore nel Malato Fibriomialgico e le ricadute nel contesto relazionale

Nella fibromialgia il corpo si esprime, parla in assenza di parole, e, come è vero che è impossibile non comunicare, è altrettanto vero che è impossibile non ascoltare, non tenere conto dei riverberi impattanti che questa malattia produce, dentro quel corpo, dentro quella mente e dentro il contesto, o i contesti, in cui quella persona si muove.

La fibromialgia è frequentemente associata a menomazioni nelle attività della vita quotidiana e disabilità lavorativa, ma l’esperienza di vivere con la fibromialgia è ancora altro, colpisce dentro casa, nei rapporti con i propri cari, con gli amici, nella coppia, ha, in sintesi, un impatto sulle relazioni intime, spesso causando cambiamenti o perdite difficili da accettare o regolare.

La malattia entra di prepotenza nel tessuto connettivo delle relazioni, imponendo nuovi codici comportamentali, dettando nuovi tempi, portando forzatamente e necessariamente la persona a ridefinire la mappa del mondo in cui si muove.

In famiglia…

Nelle storie delle persone con fibromialgia, quello che emerge con forte evidenza è come l’incontro con la malattia non sia solo un’esperienza fisica ma porti con sé, spesso, una fatica emotiva e relazionale con i propri cari, vuoi perché la stessa condizione di “malata/o” attiva distorsioni nelle dinamiche relazionali, vuoi perché in casa non si viene creduti, ma anzi si percepisce lo stesso alone di diffidenza che si è sentito in altri contesti e che proprio non ti aspetteresti, laddove invece ti aspetteresti accoglienza, cura e accettazione.

La malattia, di per sé, è un evento perturbante e stressante, ma la malattia può assumere un altro significato, può essere letto come una vera e propria transizione, come un passaggio corale che, proprio perché implica cambiamento, mette alla prova le relazioni familiari e ne sollecita un adattamento. Questo è quello che avviene quando la malattia viene vista e riconosciuta come tale, ma quando la malattia si “mimetizza”, non è “palpabile”, questa auspicata transizione risulta ancora più difficoltosa, anzi si rischiano spesso dolorosissime fasi di stallo.

La fibromialgia è correlata ad un vasto spettro sintomatologico, tanto invalidante, per la persona che ne soffre, per quanto, purtroppo, invisibile agli occhi delle persone che fanno parte del loro mondo. In merito a questa discrepanza, quello che spesso può capitare è che i familiari possano iniziare a costruirsi delle idee intorno a questi comportamenti, che non sanno ancora essere sintomi. Tali idee sono i modi con cui loro “vedono” i sintomi e non la persona, a tal punto che, a volte, si impone una vera e propria sovrapposizione tra sintomi e la persona.

È in questo scenario che può prendere piede il risentimento dei familiari e/o la loro depressione, per il senso di impotenza, o può insinuarsi la convinzione che questi comportamenti abbiano un fine manipolatorio o siano sotto il controllo volontario della persona. Altra dinamica è che i familiari possano ridurre al minimo la gravità dei sintomi, attribuendoli a stress o svogliatezza, oppure, ancora, dare dell’ipocondriaco o, peggio, del malato immaginario al proprio caro, il tutto con un conseguente drastico crollo della qualità della vita dentro casa, con un malessere diffuso tra tutti.

La famiglia, nei suoi momenti di “crisi”, sa anche esercitare una capacità autocorrettiva, di trasformazione di alcune regole di base, che la governano, per andare incontro al cambiamento e costruire un nuovo equilibrio.

Si pensi quando la famiglia passa da una fase evolutiva ad un’altra, la nascita di un figlio in una giovane coppia o l’età dello svincolo dei giovani figli, ma anche il sopraggiungere di un divorzio, un licenziamento, un lutto… o di un evento fortemente perturbativo come una malattia cronica, quale può essere la fibromialgia!

Sono proprio questi i momenti in cui il sistema famiglia tara, si misura con la sua capacità di far fronte a tutto quello che dall’esterno può portare stress, che può interrompere il corso naturale degli eventi e che va a turbare gli equilibri.

Tuttavia, a volte ci possiamo trovare di fronte a sistemi familiari rigidi e chiusi, a sistemi irrigiditi sui propri meccanismi di funzionamento, incapaci di evolvere e, inevitabilmente, esposti a una grande sofferenza, proprio perché ci si oppone al naturale mutare delle cose.

Certo, non esiste la famiglia perfetta, ma è in queste dissonanze che deve inserirsi l’intervento che mira al cambiamento, e in cui può esplicarsi quella sfida che porta il paziente fibromialgico a riuscire a far diventare il dolore parte integrante della propria vita.

Un cambiamento in cui tutti i componenti di quel particolare sistema familiare possano essere aiutati ad essere più aperti al dialogo, a far circolare più emozioni, ad affrontare i problemi discutendone e non evitandoli, accettando l’altro nella propria diversità, sapendo delimitare i propri confini e rispettare quelli degli altri.

In definitiva, un intervento globale che abbia lo scopo ambizioso di togliere alla malattia quel sacro potere che trasforma tutti in vittime o tutti in carnefici, di rendere i familiari dei curanti esperti e, quindi, capaci di tutelare i legami e l’equilibrio familiare.

… e all’interno della coppia…

Un livello più intimo è quello della coppia.

Innanzitutto, è opportuno fare alcune premesse. La fibromialgia, spesso, si correla a sindromi ansioso/depressive, che a loro volta vanno ad inibire la sessualità, sappiamo anche che molti dei farmaci che vengono utilizzati per la cura della fibromialgia hanno come effetto collaterale l’inibizione del desiderio sessuale, e ancora, la fibromialgia produce dolore cronico, e sappiamo che il dolore cronico non è amico della sessualità.

La vulvodinia, una sindrome cronica che si manifesta principalmente con una sensazione di dolore localizzato alla regione vulvare e all’introito vaginale, ha un’importante comorbidità con la fibromialgia. Sembra che una donna su cinque che soffre di vulvodinia abbia anche la fibromialgia.

Si pensi all’impatto che tutto ciò può avere all’interno di una coppia. Un corpo debilitato e aggredito può diventare un ostacolo, il corpo che da complice dell’intimità e della sessualità ne diventa ostacolo.

Con il sopraggiungere di una diagnosi di fibromialgia, potremmo trovarci di fronte a coppie che si muovono senza grandi sconvolgimenti, con sufficienti risorse interne, tuttavia, in molti casi, questo nuovo stato delle cose, può produrre un vero e proprio shock, uno stress molto forte, che può minare il rapporto, nelle sue fondamenta.

Con i primi dolori e fastidi possono arrivare i primi distanziamenti, può incominciare a insinuarsi nella paziente un senso di colpa, sentirsi responsabile di quanto sta accadendo e insinuarsi il pensiero che è lei a non andare bene, ad essere difettosa, a insinuarsi la paura che lui si allontani da lei e che la lasci per un’altra relazione. Dall’altra parte, il partner può essere in difficoltà perché non riconosce più sua moglie/la sua compagna “…è molto irritabile…”, perché lo tratta male o si allontana. Sensi di colpa e senso di impotenza a confronto, propedeutici a scenari stressati da incomprensioni, equivoci, silenzi o forti diverbi.

I ruoli e le abitudini, all’interno della coppia, vengono sconvolte e questo può portare entrambe i partner a pensare che la loro vita non sarà più quella di prima.

Questa nuova realtà sollecita l’assetto della coppia, o, piuttosto, va a slatentizzare problemi preesistenti. Infatti, quando la coppia si interfaccia con la malattia, si confronta anche con la storia personale di ognuno dei due componenti e con il proprio modo di costruire una relazione con l’altro. Se il trauma della malattia, ad esempio, si inserisce in una struttura di coppia basata sull’ostilità e/o sulla non cooperazione, o dove, ancora, non c’è una condizione di intimità, abbiamo sufficienti elementi perché tutto questo diventi un ostacolo.

Qual è la capacità di sentire l’altro nel suo dolore? Si è in grado di sentire le sue emozioni? Cosa senti quando l’altro ti parla? Se si è in grado di sentire l’emozione e condividerla, nel momento della crisi, si può lavorare per consolidare o ri-consolidare la coppia, altrimenti, obiettivo prioritario è quello di creare queste basi… oppure si condivide che ci sono problemi che riguardano la storia personale.

Questo canovaccio può aiutare la coppia a ritrovare una connessione più profonda, imparando da queste esperienze, può aiutare la coppia a introdurre momenti di accettazione, una nuova progettualità, a non escludere l’altro dal proprio mondo interiore, a recuperare una nuova intimità ritrovando nell’altro un partner di supporto e amorevole.

Tutti questi aspetti non possono, né devono, essere messi in secondo piano, perché, se, oggi, l’obiettivo sanitario e sociale è quello di migliorare la qualità della vita delle persone affette da fibromialgia e delle loro famiglie, non possiamo sottovalutare il fatto che il benessere e la qualità della vita dipendono dalla qualità “percepita” delle relazioni e dal clima emotivo vissuto all’interno del contesto familiare e/o nel proprio intimo di coppia.

Antonio Protopapa – Psicologo-Psicoterapeuta