Disturbo da accumulo: quando non riusciamo a disfarci di nulla.

Quello che chiamiamo presente prende forma dall’accumulo del passato”  “1Q84” H. Murakami

Nel Marzo del 1947 una telefonata anonima avvisò la polizia di New York della presenza di un cadavere nell’appartamento dei fratelli Collyer. Al loro arrivo le forze dell’ordine trovarono l’appartamento invaso da roba di ogni genere: la casa era piena di trappole contro gli intrusi, immondizia e qualunque tipo di oggetto che i due fratelli avevano accumulato in circa quarant’anni, dall’inizio del secolo fino alla loro morte.


Una squadra di emergenza di 7 elementi impiegò ore a svuotare l’appartamento e trovare Homer Collyer, il primo dei due fratelli; Homer era stato ucciso dall’effetto combinato di malnutrizione, disidratazione e arresto cardiaco. Davanti a una folla di circa 600 persone che si era radunata attorno alla casa, incuriosita dai rifiuti e dall’odore, gli investigatori non riuscivano a trovare Langley. La ricerca del fratello scomparso iniziò dalla casa, con tutte le difficoltà connesse alla rimozione dei rifiuti. La maggior parte venne considerata di nessun valore e riversata in giardino per essere portata via dal dipartimento di igiene, mentre pochi oggetti vennero conservati, ma di Langley nessuna traccia. A distanza di quasi 20 giorni dal ritrovamento di Homer venne poi scoperto il corpo di Langley, ricoperto da valige e pile di giornali, probabilmente ucciso dalle stesse trappole da lui piazzate in casa.

La polizia rimosse 103 tonnellate di oggetti accumulati in casa (Fonte: Wikipedia).

La storia dei fratelli Collyer è famosa proprio perché eclatante, ma non è l’unica che riguardi questo tipo di disturbo: il Distrurbo da Accumulo o Disposofobia. “Sepolti in casa” è una delle più note trasmissioni TV che si sono occupate di questo disturbo, mostrando l’evidente stato di disagio in cui vivono queste persone. Il Disturbo da Accumulo è caratterizzato dalla tendenza ad acquisire un gran numero di oggetti, dalla palese incapacità di liberarsene e dalla difficoltà di mantenere tali oggetti in ordine (Frost et al., 2015). Visto dall’esterno, tale comportamento può apparire incomprensibile: pur di raccogliere, conservare, ammassare oggetti queste persone finiscono spesso per rovinare la propria vita, la propria situazione economica, e quasi inevitabilmente le relazioni con i propri cari (fino al divorzio o all’allontanamento dei figli da parte dei sevizi sociali).

Il disturbo ha una prevalenza del 2-5% nella popolazione, ma è possibile ipotizzare che tali valori siano sottostimati a causa della bassa consapevolezza o dell’alto livello di vergogna che accompagnano chi ne soffre. Inoltre, è importante sottolineare che, solo di recente, il Disturbo da Accumulo è divenuto una categoria diagnostica a sé, all’interno della macrocategoria dei Disturbi Ossessivo-Compulsivi e Disturbi correlati (per maggiori informazioni è possibile consultare il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, versione 5, APA 2013). E’ da evidenziare la differenza che c’è tra l’accumulatore e chi soffre di altre patologie psichiatriche, come ad esempio alcune forme di demenza, in cui l’accumulo è passivo e manca la forte sofferenza legata al disfarsi degli oggetti. Il disturbo risulta frequentemente associato a disturbi depressivi, disturbi d’ansia (soprattutto fobia sociale e disturbo d’ansia generalizzato) e ADHD.

Ma quali sono le motivazioni dell’accumulo? Le persone possono accumulare oggetti spinte da motivazioni “ossessive”, la cui finalità sarebbe quindi di proteggere se stessi o gli altri: ad esempio evitare di buttare qualcosa che potrebbe rivelarsi, in futuro, fondamentale per la propria sicurezza, o che potrebbe invece nuocere a qualcuno che la trovasse. L’accumulo, inoltre, può essere sostenuto da motivazioni “non ossessive” e più strettamente connesse agli oggetti: ad esempio il paziente accumulatore potrebbe avere un particolare attaccamento emotivo agli oggetti, attribuirgli un valore speciale o potrebbe aver bisogno di controllo sui propri beni.

Il comportamento di accumulo si trova in molte specie animali che per sopravvivenza trovano un luogo sicuro dove ammassare le proprie riserve alimentari, al fine di proteggerle dai predatori. Negli esseri umani accade qualcosa di molto simile: conservare oggi può significare, in un’ottica di prevenzioni, ritrovare domani. Già William James nel 1918 affermava che l’acquisizione e il risparmio sono strettamente connessi, così come la relazione tra le persone ed il loro patrimonio è universale e trasversale a tutte le culture. Il rapporto con gli oggetti sembra fortemente connesso al sistema di scopi e credenze della persona, in particolare credenze relative alla responsabilità e all’attaccamento emotivo, al bisogno di controllo e al mantenere la memorie e i ricordi, dove il problema non sta nella scarsa memoria, ma nell’importanza attribuita al ricordo e alle conseguenze negative del dimenticare.

Un caso particolare di Disturbo da accumulo riguarda l’accumulo di animali, o Animal Hoarding, in cui cani e gatti sono le specie più comunemente coinvolte, anche se non le sole. In questo caso le conseguenze sono negative anche per gli animali stessi: grave trascuratezza, denutrizione, malattie, fino a giungere alla morte, nonostante lo scopo dell’Animal Hoarder sia di tenere al sicuro e curare i propri animali.

Quali sono i fattori di rischio?

Secondo il DSM-V, i principali fattori di rischio per il Disturbo da Accumulo includono fattori genetici, infatti circa il 50% dei pazienti con Disturbo da Accumulo ha almeno un parente di primo grado che mette in atto comportamenti di accumulo, e fattori temperamentali, dal momento che l’indecisione e le difficoltà nel fare scelte sembrano essere una caratteristica di coloro che soffrono del disturbo. Anche traumi ed eventi di vita stressanti posso rappresentare fattori di rischio: la presenza di eventi traumatici nella vita di questi soggetti risulta associata all’esordio dei comportamenti da accumulo e all’aggravamento della sintomatologia (Landau et al., 2011). Risulta, quindi, utileeffettuare un’approfondita valutazione della storia di vita dei pazienti durante la psicoterapia.

In base ad un recente articolo pubblicato da Kress et al. (2016), il cui scopo è fare il punto della situazione in termini di diagnosi e trattamento del Disturbo da Accumulo, la terapia cognitivo-comportamentale risulta essere il trattamento d’elezione.

Il trattamento si focalizza principalmente su tre macro aree: la disorganizzazione, la difficoltà nel liberarsi e nel gettare via gli oggetti personali e la tendenza ad acquisirne in eccesso. Nello specifico, il trattamento si avvale di: Skill training, finalizzato a rinforzare le capacità di problem-solving, decision making e organizzazione; Esposizione graduale, immaginativa prima ed in vivo poi, agli stimoli stressanti, ovvero non comprare e imparare a buttare gli oggetti; Ristrutturazione cognitiva delle credenze irrazionali correlate ai comportamenti di accumulo. Gli individui accumulatori trovano beneficio anche nelle visite domiciliari in supporto alla terapia, ed è stata proposta anche la terapia di gruppo, di stampo Cognitivo-Comportamentale, che fornisce supporto ai pazienti soprattutto rispetto allo stigma sociale legato al disturbo.

Bibliografia

  • American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: Author.
  • Kress, V. E., Stargell, N. A., Zoldan, C. A., Paylo, M. J. (2016). Hoarding Disorder: Diagnosis, Assessment, and Treatment. Journal of Counseling & Development, 94, 83-90.
  • Laudau, D., Iervolino, A. C., Pertusa, A., Santo, S., Singh, S. % Mataix-Cols, D. (2011). Stressful life events and material deprivation in hoarding disorder. Journal of Anxiety Disorders, 25, 192-202.
  • Frost, R. O., Steketee, G., Tolin, D. F., Sinopoli, N., Ruby, D. (2015). Motives for Acquiring and Saving in Hoarding Disorder, OCD, and Community Controls. J Obsessive Compuls Relat Disord, 1, 4, 11-59.
  • Perdighe, C., Mancini, F. (2015). Il disturbo da accumulo. Milano, Raffaello Cortina Editore.